Venezia – La città si è svegliata sotto il passo di oltre 20.500 persone che hanno invaso calli, ponti e rive per la 39ª Wizz Air Venicemarathon, trasformando la laguna in una pista viva, dove il respiro si mescola al sale dell’aria e il sudore incontra la bellezza.
di Maria Laura Melis
Venice Marathon: la città come protagonista
Quest’anno la corsa si è vestita di storia: tre secoli dalla nascita di Giacomo Casanova, veneziano inquieto e universale, simbolo di libertà, seduzione e curiosità per il mondo. Forse non c’è figura migliore per raccontare lo spirito di una maratona che, più che un evento sportivo, è una dichiarazione d’amore per la vita in movimento.
Dal Parco San Giuliano fino a Riva Sette Martiri, il percorso è una sinfonia di passi.
La 10K parte per prima, allegra e colorata; poi la mezza, con chi cerca il ritmo giusto tra entusiasmo e concentrazione; infine la regina, 42 chilometri che attraversano ponti e storie, dal Brenta fino al cuore della Serenissima.
Ogni runner diventa parte di una Venezia che non si limita a fare da sfondo: la città respira, accompagna, applaude, riflette nei canali i volti di chi corre. È un teatro aperto dove la fatica diventa poesia.
Gli eroi di tutti i giorni
Certo, ci sono i favoriti africani, Kimakal, Somikwo, Abera, pronti a contendersi la gloria. Ma la Venicemarathon vive soprattutto nei gesti degli altri:
- di Domenico Masiero, che corre la sua 300ª maratona,
- dei “fedelissimi” Tagliapietra e Mason, presenti a tutte le 39 edizioni,
- di Yves Naves, 90 anni, che sfida il tempo con passo leggero,
- di Fiorenza Simion, 82 anni, che dimostra come la corsa possa essere una forma di giovinezza permanente.
Loro sono i veri testimoni di un rito collettivo che non conosce età né confini: il 40% dei partecipanti è straniero, con la Francia in testa. Venezia parla tutte le lingue, ma oggi soprattutto quella del fiato corto e del cuore grande.
Casanova cercava l’esperienza, la vertigine dell’imprevisto, l’ebbrezza della libertà.
Forse, in fondo, ogni maratoneta gli somiglia un po’: parte da solo, attraversa luoghi che cambiano con la luce e con la fatica, e arriva diverso, trasformato.
In un’epoca di velocità virtuale, la maratona resta uno degli ultimi atti autentici e lenti, una sfida fisica e mentale che riporta tutto al corpo, al passo, al respiro.



